Nero Come

Nero Come

sabato 31 ottobre 2015

Ostia e i distratti di Caravaggio - tre

La scena era a dir poco patetica ma, nonostante tutto, mostrava una sorta di giustizia terrena che vuole che “chi sputa in aria deve prestare attenzione a che, lo sputo, non gli ricada in testa”.
La giornalista, nota firma di un giornale di finti vedenti, aspettava Insabbiella all’angolo del municipio sciolto per mafia. Sperava di avere ancora la possibilità di scrivere qualche articolo giacché Loripubblica il noto giornale a fumetti per non vedenti, ancora per poco le avrebbe offerto lavoro. La donna, un tempo eroina del municipio, era in piena decadenza. Abbandonata dal partito, malvista dalle forze dell’ordine, odiata persino in procura dove i pm, tessera Pd in tasca, consapevoli delle panzane inventate a tutto spiano, chiedevano ai cittadini di portare prove delle sue invenzioni. Tutti erano ansiosi di bastonarla. Tutti ormai volevano bastonare la bestia che affogava, sicuri che persino il partito suo sponsor, la aveva abbandonata. E così non era raro assistere, in procura, al lancio dei fascicoli con il suo nome, accompagnando il gesto da vigorose grattate di coglioni. Era finito il tempo in cui la giornalaia, occhio vitreo e bocca piena, aveva lanciato merda su tutta la popolazione lidense, salvando solo i tesserati del Partito Defunto e raccontato storie sulle altrui vite a suon di menzogne e invenzioni. Adesso come una megattera alla deriva, mendicava per le vie della città per avere notizie di primo piano su questo o quel soggetto. Io e Nero Come la osservammo di soppiatto nascosti dietro lo stipite di una porta e non osservati ci gustammo la scena. Stava in piedi sulla soglia del municipio. Indossava uno spolverino chiuso con una cinta che avvolgeva i fianchi, ac­cendendosi un mozzicone di sigaretta. Il colore dei capelli sembrava naturale come una parata di militari che marciano a passo dell'oca. Aveva evidentemente usato un guantone da pugile per mettersi il rossetto rosso su quella fessura senza labbra che aveva al posto della bocca e nel vedere il Cieco di Genova, aprì il trence facendo del suo meglio per mostrare, tra le cosce,  le due mollette da bucato e la barba da boiardo russo. I seni sembravano i posteriori di un paio di cavalli da tiro alla fine di una lunga giornata di lavoro. Soltanto a guar­darla ci si sentiva invitati all’auto da fe’, alla masturbazione, al ritorno alle pugnette che solo un uomo sa cosa significhi perché, come più volte mi raccontò Nero: “Nessuno mi fa una sega tanto bene quanto la mia mano”.
Quella vista era dunque un ritorno alle origini giovanili, un invito alla sega se solo il pensiero, schifato, non avesse avuto pensieri beceri di malattie veneree alla sola vista.
“Dottor Insabbiella ” … La giornalista aprì il trence slegandosi la cintura alla vita, come se lo spettacolo gratuito fosse di gusto supremo.
“Non per carità” – gridò mister g8 – ho il pace-maker… sono infartato e qui a Ostia ho già troppi shock”.
“Ma ho tanto da offrire…”.
“Penna Nera ormai sei bruciata” – esclamò Insabbiella, toccandosi la fondina sotto la giacca e riportando gli occhi sulla donna. “Ti rilascio un’intervista ma devi colpire quelli dell’Idroscarico”.
“Ma Nero Come è un povero disgraziato”.
“Se sei amica sua digli di cercarsi un dottore. Non è tutto a posto con la testa, sai”. Tirò una lunga boccata dalla siga­retta e buttò la cicca oltre le mie spalle.
“E’ del tutto suonato e non è mio amico” - aggiunse la ormai decaduta giornalista dell’anno: “Solo, ha la ten­denza a vedere cose che non esistono. È un po' strano, ecco”.
Una che di invenzioni se ne intende – pensai.
“Se questo non vuol dire essere suonati, allora non so proprio cos' altro diavolo sia” – replicò l’insabbiatore Insabbiella.
“Sai cosa hanno in mente, quelli dell’Idroscarico?”
“Se non lo sa lei che indaga” – disse la balena bianca spiaggiata e si strinse nelle spalle mentre con la mano semifredda afferrò la cravatta di Insabbiella e si stampò un sorriso civettuolo che sembrò una smor­fia: “Sa, per scrivere venti righe ci vuole poco tempo e io ne ho molto.  Forse preferisce aspettare in mia compagnia?” - disse.
Insabbiella la guardò come fosse un dolce andato in malora: “Non sono Delturco, io … eppoi ho il pace-maker che frigge. Indaga tu e riportami le informazioni di cui ho bisogno. Poi vedrò cosa posso fare per te lassù al Partito”.
La balena sorrise. Insabbiella si allontanò tirando un sospiro di sollievo, come uno che (questa volta ) ha schivato una merda il giorno del proprio funerale.

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