La
scena era a dir poco patetica ma, nonostante tutto, mostrava una sorta di
giustizia terrena che vuole che “chi sputa in aria deve prestare attenzione a
che, lo sputo, non gli ricada in testa”.
La
giornalista, nota firma di un giornale di finti vedenti, aspettava Insabbiella
all’angolo del municipio sciolto per mafia. Sperava di avere ancora la
possibilità di scrivere qualche articolo giacché Loripubblica il noto giornale a
fumetti per non vedenti, ancora per poco le avrebbe offerto lavoro. La donna,
un tempo eroina del municipio, era in piena decadenza. Abbandonata dal partito,
malvista dalle forze dell’ordine, odiata persino in procura dove i pm, tessera
Pd in tasca, consapevoli delle panzane inventate a tutto spiano, chiedevano ai
cittadini di portare prove delle sue invenzioni. Tutti erano ansiosi di
bastonarla. Tutti ormai volevano bastonare la bestia che affogava, sicuri che
persino il partito suo sponsor, la aveva abbandonata. E così non era raro
assistere, in procura, al lancio dei fascicoli con il suo nome, accompagnando il
gesto da vigorose grattate di coglioni. Era finito il tempo in cui la
giornalaia, occhio vitreo e bocca piena, aveva lanciato merda su tutta la
popolazione lidense, salvando solo i tesserati del Partito Defunto e raccontato
storie sulle altrui vite a suon di menzogne e invenzioni. Adesso come una
megattera alla deriva, mendicava per le vie della città per avere notizie di
primo piano su questo o quel soggetto. Io e Nero Come la osservammo di
soppiatto nascosti dietro lo stipite di una porta e non osservati ci gustammo
la scena. Stava in piedi sulla soglia del municipio. Indossava uno spolverino
chiuso con una cinta che avvolgeva i fianchi, accendendosi un mozzicone di
sigaretta. Il colore dei capelli sembrava naturale come una parata di militari
che marciano a passo dell'oca. Aveva evidentemente usato un guantone da pugile
per mettersi il rossetto rosso su quella fessura senza labbra che aveva al
posto della bocca e nel vedere il Cieco di Genova, aprì il trence facendo del
suo meglio per mostrare, tra le cosce, le due mollette da bucato e la barba da boiardo russo. I seni sembravano i posteriori di un paio di cavalli da tiro alla
fine di una lunga giornata di lavoro. Soltanto a guardarla ci si sentiva
invitati all’auto da fe’, alla masturbazione, al ritorno alle pugnette che solo
un uomo sa cosa significhi perché, come più volte mi raccontò Nero: “Nessuno mi
fa una sega tanto bene quanto la mia mano”.
Quella
vista era dunque un ritorno alle origini giovanili, un invito alla sega se solo
il pensiero, schifato, non avesse avuto pensieri beceri di malattie veneree
alla sola vista.
“Dottor
Insabbiella ” … La giornalista aprì il trence slegandosi la cintura alla vita,
come se lo spettacolo gratuito fosse di gusto supremo.
“Non
per carità” – gridò mister g8 – ho il pace-maker… sono infartato e qui a Ostia
ho già troppi shock”.
“Ma
ho tanto da offrire…”.
“Penna
Nera ormai sei bruciata” – esclamò Insabbiella, toccandosi la fondina sotto la
giacca e riportando gli occhi sulla donna. “Ti rilascio un’intervista ma devi
colpire quelli dell’Idroscarico”.
“Ma
Nero Come è un povero disgraziato”.
“Se
sei amica sua digli di cercarsi un dottore. Non è tutto a posto con la testa,
sai”. Tirò una lunga boccata dalla sigaretta e buttò la cicca oltre le mie
spalle.
“E’
del tutto suonato e non è mio amico” - aggiunse la ormai decaduta giornalista
dell’anno: “Solo, ha la tendenza a vedere cose che non esistono. È un po'
strano, ecco”.
Una
che di invenzioni se ne intende – pensai.
“Se
questo non vuol dire essere suonati, allora non so proprio cos' altro diavolo
sia” – replicò l’insabbiatore Insabbiella.
“Sai
cosa hanno in mente, quelli dell’Idroscarico?”
“Se
non lo sa lei che indaga” – disse la balena bianca spiaggiata e si strinse
nelle spalle mentre con la mano semifredda afferrò la cravatta di Insabbiella e
si stampò un sorriso civettuolo che sembrò una smorfia: “Sa, per scrivere
venti righe ci vuole poco tempo e io ne ho molto. Forse preferisce aspettare in mia compagnia?”
- disse.
Insabbiella
la guardò come fosse un dolce andato in malora: “Non sono Delturco, io … eppoi
ho il pace-maker che frigge. Indaga tu e riportami le informazioni di cui ho
bisogno. Poi vedrò cosa posso fare per te lassù al Partito”.
La balena sorrise. Insabbiella si allontanò tirando un
sospiro di sollievo, come uno che (questa volta ) ha schivato una merda il
giorno del proprio funerale.